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Tre vecchi amici (Il Venerdì di Francesco Das Atmananda)

2 Aprile 2016 - Il Venerdì

phoca_thumb_l_I tre amiciC’erano una volta tre anziani compagni di scuola che si ritrovarono dopo molto tempo. Ognuno cominciò a raccontare la propria vita. Uno era diventato un importante uomo d’affari, un altro era un eminente studioso e il terzo un giardiniere. Conversando intorno ad un bicchiere di buon vino, i tre uomini si scambiavano le impressioni sulla vita, che scorreva sempre più rapida. Arrivarono alla conclusione che ogni giorno era un dono prezioso che ricevevano. Giunsero così ad una bizzarra decisione: – “Impegniamoci a realizzare domani il desiderio più intenso che ci portiamo dentro.”

Ognuno confidò il proprio desiderio per l’indomani: L’uomo d’affari  disse: – “lo voglio usare il mio prezioso servizio da tè di porcellana cinese e il mio magnifico cavallo per galoppare nella mia tenuta.” Lo studioso disse: – “Io mi procurerò una tazza di cioccolata profumata e un libro antico pregiato da leggere seduto nella mia biblioteca.” Il giardiniere disse: – “Io domani vorrei godermi una bella giornata di sole, ascoltando un ruscello di acqua gorgogliante, degli uccelli che cantino in cielo e sugli alberi. Questi ultimi colmi di frutti maturi.” Proprio quella notte un forte terremoto scosse la regione.   Quando l’uomo d’affari cercò la sua porcellana la trovò in frantumi; il suo prezioso cavallo era morto sotto il muro della scuderia, che a causa del terremoto era crollato. Lo studioso non riuscì a bere la cioccolata né a leggere, perché nella sua casa non c’era più una tazza rimasta intatta; la sua biblioteca aveva preso fuoco e tutti i suoi libri erano ormai perduti. Il giardiniere invece poté godersi il sole che scaldava il suo giardino, bere l’acqua fresca del ruscello e, anche se il deposito degli attrezzi era stato distrutto dal terremoto, gli alberi erano rimasti in piedi, colmi di frutti; anche gli uccelli cantavano come tutti gli altri giorni.     Considerazioni personali:     C’è un insegnamento molto forte e significativo in questa parabola: “i beni materiali, nella loro natura, sono impermanenti, quindi destinati a passare, a finire, a consumarsi nel tempo che, alcune volte, può essere anche molto breve, come descritto nella storia.”   Su questa terra le uniche cose vicine a Dio sono rappresentate dalla Natura che, nella sua essenza, resta immutabile, anche se si rinnova in continuazione. Poi ci sono i sentimenti dei quali non dobbiamo mai stancarci di accumulare. Quando passeremo al di là del velo, saranno le uniche “cose” che porteremo con noi.   Gesù amava dire: “ non accumulate ricchezze in questo mondo. Qui i tarli e la ruggine distruggono ogni cosa e i ladri vengono e portano via. Accumulate piuttosto le vostre ricchezze in cielo…..(sentimenti e opere di bene) … Dove sono le tue ricchezze, là c’è anche il tuo cuore. (Dal Vangelo di Matteo 6,19-20)   Gli uomini, incuranti dei vari messaggi che tanti Maestri ci hanno lasciato in epoche ed aree geografiche diverse, continuano ad accumulare possedimenti materiali che un giorno dovranno lasciare su questa terra e, molto spesso, facendo questo, “dimenticano” qual’ è il vero significato della vita.   Sempre Gesù disse: “Qual vantaggio infatti  avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria Anima?”(Matteo, 16,24/28)   Ma per molti queste continuano ad essere solo parole senza senso che si disperdono come fumo al vento. Ma la domenica si recano puntualmente a messa. Ipocriti e sepolcri imbiancati li chiamava Gesù. Ecco la causa del male dilagante sulla terra.   In effetti, l’attaccamento e la continua ricerca di beni materiali porta allo stress e al dolore. Questo perché l’affannosa ricerca di un oggetto di godimento, ci porta alla frustrazione  insita nella necessità di mantenere il godimento e l’oggetto.  Accadrà poi inevitabilmente che l’oggetto avrà fine e si esaurirà in quanto nulla di materiale è permanente su questa terra.    A questo punto, il dolore per la nuova perdita sarà anche maggiore di quello della mancanza e della ricerca dell’oggetto. A cosa conducono , quindi, brama e attaccamento?  Non fanno altro che far accumulare tutta una serie di oggetti e di piaceri effimeri, ma in questo modo l’individuo conoscerà ancor di più la caducità, l’insuccesso e l’insoddisfazione.   Quindi, non sono le cose in se per se a procurare sofferenza, ma la brama e l’attaccamento che ci mettiamo di nostro. Quando c’è l’oggetto, godiamo dei suoi benefici, quando viene a mancare, vengono meno anche i suoi benefici, ma se non c’è attaccamento non saremo patologicamente infelici.    Questo non vuol dire che non dobbiamo coltivare interessi. Per esempio,  se nel nostro giardino ci sono piante di cui amiamo la presenza e il profumo, certamente dovremmo curarle per mantenerle in buona salute, ma non dovremmo affliggerci quando appassiranno. Come sempre è una questione di atteggiamento…la scelta della semina è sempre libera, il raccolto però sarà sempre obbligatorio…   Un abbraccio di Luce per tutti e buon fine settimana  con Amore Francesco  das Atmananda (G.B.)

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