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SMF per SicilyMag – Vladimir Di Prima: «Siamo una generazione distrutta dal frainteso mito del successo»

24 Febbraio 2020 - Articoli di S.M. Fazio, DIGRESSIONI, VIDEO
SMF per SicilyMag – Vladimir Di Prima: «Siamo una generazione distrutta dal frainteso mito del successo»

Da SicilyMag del 24 febbraio 2020

 

Vladimir Di Prima: «Siamo una generazione distrutta dal frainteso mito del successo»

LIBRI E FUMETTI Dopo anni di sogni infranti di approdare all’editoria che conta, il regista e scrittore etneo adesso ha un’ottima chance grazie all’approdo ad A&B editore che ha pubblicato di recente “Avaria” romanzo generazionale che racconta il dramma e l’incompiutezza dei nati fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta: «In origine il titolo era “L’amico siciliano”, titolo suggerito dallo scrittore e amico Renzo Paris. Poi decisi di cambiarlo perché volevo riassumere tutto in una parola». Sabato 29 la presentazione a Catania

 

 

 

Catanese di nascita, Vladimir Di Prima, classe ’77, ha vissuto più di tre quarti della sua vita nella provincia etnea, esattamente a Zafferana, luogo di meravigliedove la stragrande maggioranza dei catanesi d’estate si riversa in massa per quella frescura che si mantiene costante. Zafferana che due anni fa, in alcune frazioni, Fleri su tutte, è stata violentata nella notte tra il 25 e 26 dicembre da un tremendo terremoto che ha segnato la vita sociale e psicologica di diverse persone. Questo terribile evento non ha scoraggiato certo il nostro Di Prima, che reputa Zafferana Etnea luogo d’elezione. Conseguita la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, il camaleontico Di Prima si è specializzato in criminologia, sino ad avviarsi, però, ad una clamorosa scelta professionale, tant’è che decise di perseguire un perocrso di attività artistiche. In primis, e su tutte, il cinema. Da bimbo, quando gli chiedevano «cosa vuoi fare da grande?», senza indugi rispondeva: «Il regista!». E regista fu e lo è!

Vladimir Di Prima

 

Frattanto che maturava la sua regolare vita tra amici e parenti, Vladimir cominciava a girare improbabili cortometraggi con i cugini catanesi che possedevano una telecamera, finché, appena maggiorenne, ne acquistò una propria, con i soldi ricavati dalla vendita delle castagne: «Nel periodo di ottobre, ogni mattina alle sette andavo nei boschi dell’Etna e tornavo nel tardo pomeriggio con settanta, ottanta chili di castagne sulle spalle. A quel tempo, in base alla “pezzatura”, cioè alle dimensioni, le pagavano fra le ottocento e le novecento lire al chilo. Peccato che la campagna durasse appena una ventina di giorni». Con la telecamera sempre con sé Vladimir non solo acquisì dimestichezza, ma iniziò pure a sperimentare. Nel 2005 incontrò il compianto Lucio Dalla, il quale si presterà per un cammeo all’interno del cortometraggio “Shalev Hu Haiam” (normale è il mare), cortometraggio che vantava inoltre la presenza di Lando Buzzanca, Giancarlo Majorino e dello stesso Mario Grasso.

Oltre a tutto ciò che può orbitare intorno ad una videoripresa e che poi è diventata la sua professione, Vladimir iniziò a gettare su schizzi di carta “elementi”, che lo fecero esordire nel 1999 con una silloge di poesie dal titolo bizzarro La teoria della donna fumante, leit motiv che permea la maggior parte delle sue opere successive. Tre anni dopo, nel 2002, pubblicò il suo primo romanzo Gli Ansiatici (Prova d’Autore edizioni): fu un boom, la sua narrazione gli varrà il titolo di epigone di Gadda e D’Arrigo per le sorprendenti invenzioni linguistiche e strutturali. Nel 2003, sempre per Prova d’Autore, allora fiore all’occhiello dell’editoria siciliana con un catalogo autorevolissimo, uscì “Catania 48ore”, tre racconti sulla città firmati da Di Prima, Marcella Argento e Mario Grasso, fondatore della medesima editrice. Era un fiume in piena Di Prima in quegli anni. L’anno successivo, nel 2004, pubblicò “Sessso Senso”, racconti a base sperimentale, che lo stesso direttore editoriale definì “scuciture”. Con quest’ultimo volume si concluse la collaborazione con la casa editrice Prova d’Autore, salvo l’inserimento di alcune sue liriche nell’antologia “Poeti In e di Sicilia”, datata 2018. A detta del direttore editoriale di Prova d’Autore, Di Prima avrebbe avuto bisogno di dare respiro nazionale alla sua opera.

 

 

 

 

 

Nel 2007, per la romana Azimut, è uscito il romanzo “Facciamo silenzio”, un lungo dialogo intimistico fra il protagonista e un computer portatile. Il romanzo porta in bandella una nota del compianto Khaled Fouad Allam, che alla lettura ancora in bozze si espresse con toni entusiastici circa la qualità del testo. La critica esaltò il romanzo di Di Prima, ma questo non servì ad aprirgli le porte della grande editoria: «Furono anni bui quelli a seguire. Per sette anni portai in giro un altro romanzo inedito, “Le incompiute smorfie”, ricevendo ben 67 rifiuti, tanto che iniziai a pensare a una congiura». Torvi pensieri affollarono la sua mente, finché un piccolo editore calabrese, Meligrana, sottolineiamo non a pagamento, decise di pubblicarlo. Il romanzo, contrariamente agli infausti responsi delle major, ottenne un ottimo consenso da parte dei lettori e della critica. Nel 2015, altra pubblicazione: è la volta di “Pensieri in Faccia”, edito da Algra Editore con la prefazione di Arnaldo Colasanti, una raccolta di post originali che Di Prima puntualmente scrive sulla sua bacheca Facebook.

Il rilancio, e forse la consacrazione, è di quest’anno. Per i tipi di A&B, casa editrice diretta con grande competenza e rigore da Pina Labanca, è uscito “Avarìa”. Grazie a A&B Di Prima approda finalmente all’editoria indipendente, ma che dà battaglia alle major, tra le più quotate su scala nazionale, con un roster di altissimo livello (Giovanna Mulas, Alessandro Zannoni, Nunzia Scalzo, e tanti altri scrittori di livello). Dello stesso “Avarìa”, vi fu una anteprima lo scorso anno a “Più liberi più libri” nella nuvola di Roma. Le copie, rare, di quella anteprima, sono andate a ruba. Il libro verrà presentato sabato 29 febbraio, alle ore 18, all’Antica Libreria di via Spadaro Grassi 17 a Catania. Introdurrà Pina Labanca, direttore editoriale di A&B Editrice, mentre Sergio Barone, storico del cinema e sceneggiatore, dialogherà con l’autore.

Finalmente l’approdo a una casa editrice di livello, A&B, curata da un addetta ai lavori tra le più note in Italia, Pina Labanca, che ha scelto Catania come nuova meta di lavoro, lasciando la sua amata Roma. Come lo presenti al pubblico “Avarìa” e perché questo titolo?
«Nelle intenzioni “Avarìa” vuole essere un romanzo generazionale che racconta il dramma e l’incompiutezza di una generazione, quella dei nati fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta. In origine il titolo era “L’amico siciliano”, titolo suggerito dallo scrittore e amico Renzo Paris. Poi decisi di cambiarlo perché volevo riassumere tutto in una parola e Avarìa mi sembrò quella migliore per definire appunto una generazione distrutta dal frainteso mito del successo».

 

Vladimir Di Prima con Pina Labanca direttore editoriale di A&B

Come ti sei precipitato in questa tematica?
«Probabilmente la vicenda di un caro amico che ha subito l’abbandono improvviso di una donna. Era un pretesto valido per costruire un fatto letterario».

Due domande che faccio sempre, che definisco di default: perché lo hai scritto e per chi lo hai scritto?
«Non saprei dirlo con lucidità. La scrittura di qualcosa che poi riesce ad arrivare nella sua compiutezza in libreria è inspiegabile. Per chi l’ho scritto invece… Sicuramente per un lettore attento e sensibile, per un lettore che sappia trarne spunti di riflessione e condivisione».

Emerge tanta delusione, nonostante un nome, il tuo, in costante crescita. Le frustrazioni in campo artistico professionale ti hanno rafforzato? E come le hai vissute?
«In campo editoriale di delusioni ne ho avute moltissime. Oramai però ho raggiunto una sorta di aponia; se quindici anni fa alla notizia di una pubblicazione importante avrei corso fino al cratere centrale con la stessa foga di Tardelli al gol contro la Germania, oggi l’entusiasmo precederebbe di poco il piacere che si prova a uno scarico fisiologico. Sono un disilluso, lo riconosco, e la cosa mi affligge nella misura in cui non riuscirei più a provare emozioni.  Ci fu un periodo che sfiorai addirittura la depressione. Quand’ero sul punto di approdare finalmente a una grande casa editrice succedeva sempre qualcosa di strano per cui saltava tutto. Memorabile una mail in cui mi dicevano di firmare il contratto salvo ritrattare inspiegabilmente tutto al telefono dopo cinque minuti. Insomma, potrei scrivere un libro, altro che “lettere a nessuno” di Antonio Moresco… Sul rafforzarmi così è andata e oggi affronto la cosa in maniera totalmente diversa; continuo a seguire il mio percorso senza lasciarmi inquinare dall’ambizione, consapevole di un risultato che per quanto mi riguarda mi vede soddisfatto protagonista».

Vladimir Di Prima con lo scrittore Renzo Paris

Vladimir Di prima per oltre quindici anni è stato membro del comitato del Premio Brancati Zafferana, il quarto premio letterario più importante in Italia. Premio che presenta un altro dolore, tanto che lo stesso nell’ultima edizione ha abdicato; ma Brancati rimane comunque nelle sue corde: «Ho un romanzo, pronto, ancora inedito, sulla figura romanzata di Vitaliano Brancati».
Vladimir per tanti anni in quota ad uno dei più importanti premi di letteratura il “Brancati”: perché hai abdicato dalla scorsa edizione?
«A malincuore ho lasciato il Premio perché, a mio avviso, s’era smarrita l’anima delle edizioni che l’avevano reso celebre».

Di Prima con lo staff del Premio Brancati, Neri Marcorè compreso

A proposito di premi, sono tanti quelli ricevuti nella tua professione di regista, li elenchi e che emozione hanno sortito?
«Sarò sincero. Nessuna emozione, non credo ai premi e ai concorsi, sebbene in passato, anche con la poesia, ne ho vinti di nazionali. Discorso diverso con i cortometraggi dove mi servo dei festival per una questione di visibilità e diffusione dell’opera».

Li elenchi?
«Con piacere. La prima figlia che è un cortometraggio di taglio documentaristico, ha vinto il Farm Film Festival ed è stato anche in selezione ufficiale ai vari festival internazionali come Andaras – Aqua film festival – Procida film festival – Via dei corti – Whakappa film festival – Tunisi film festival; To be the first, ha vinto al Mediterranean Film Festival ed è stato in concorso al Lamezia International Film Festival e al Roma Cinema Doc; Eppur si muove, vincitore del Super9mobile in Portogallo, dove il Presidente di giuria era Jan Harlan (cognato e produttore esecutivo di Stanley Kubrick, n.d.r.). Quest’ultimo è un  cortometraggio che ho realizzato con uno smartphone; c’è poi Beniamino in paradiso che è stato proclamato Vincitore dell’Ulisse Film Festival nelle sezioni regia e sceneggiatura».

Di recente Di Prima ha ultimato uno stupendo video con la presenza di Giuseppe Castiglia, sulla Santa Patrona di Catania “Agatha”.

Vladimir Di Prima sul set del video per Agata, patrona di Catania

Hai all’attivo anche una serie web, se non erro…
«Esattamente, non sbagli. Gli anni brevi, che ha raggiunto le 300.000 visualizzazioni dopo esser stata caricata sul social Youtube. Un modo diverso di raccontare la Sicilia attraverso lo sguardo di 16 donne diverse».

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