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SMF per SicilyMag – Mauro Tuzzolino: «La pandemia ha disorientato i nostri ragazzi. Sentono il futuro ancora più fragile»

16 Settembre 2020 - Articoli di S.M. Fazio, ESCLUSIVA!
SMF per SicilyMag – Mauro Tuzzolino: «La pandemia ha disorientato i nostri ragazzi. Sentono il futuro ancora più fragile»

Da SicilyMag del 15 settembre 2020

Mauro Tuzzolino: «La pandemia ha disorientato i nostri ragazzi. Sentono il futuro ancora più fragile»

Opera letteraria, mista allo studio statistico e alla percezione del Coronavirus nei giovani, “I giovani e la crisi del Covid-19. Prove di ascolto diretto”, ricerca coordinata dal professore palermitano Mauro Tuzzolino (pubblicata in ebook da Arkadia Editore), è un approfondimento di ciò che realmente la pandemia può modificare nelle persone, con particolare riferimento ai giovani: «Di fronte alla “riscoperta” della propria fragilità, ritorna una richiesta di maggiore protezione collettiva»

Opera letteraria, mista allo studio statistico e alla percezione del Covid-19 nei giovani, “I giovani e la crisi del Covid-19. Prove di ascolto diretto”, e-book scritto dal professore Mauro Tuzzolino e pubblicato lo scorso 9 settembre dalla collana scientifica di Arkadia Editore rappresenta il primo dattiloscritto che esula dalle varie antologie scritte in tempi di lockdown, troppo simili le une alle altre. Nell’opera di Tuzzolino vi è un approfondimento delle emozioni, sensazioni e di ciò che realmente la pandemia può modificare  nelle persone, con particolare riferimento ai giovani.

Mauro Tuzzolino

Il professore Tuzzolino, palermitano, classe 1967, ha consolidato un’esperienza sui temi dello sviluppo locale, del territorio, della programmazione negoziata, delle politiche attive del lavoro e della programmazione comunitaria. Ha inoltre maturato con ruolo apicale esperienze gestionali, decisionali e di rappresentanza di strutture complesse. Dal 2010 ad oggi ha svolto varie attività di consulenza e di direzione scientifica nell’ambito della programmazione negoziata, dell’attuazione di progetti europei e nell’ambito del management culturale. Attualmente Tuzzolino è direttore del Flag “Pescando – Sardegna Centro Occidentale”, nonché ricercatore del consorzio Aaaster di Milano e che vanta un curriculum eccellentissimo, conquistato sulla via della ricerca per il miglioramento sociale e sociologico, tant’è che dal 2001 al 2008 ha ricoperto la carica di amministratore delegato di Sviluppo Italia Sardegna spa, dal 2009 al 2012 di direttore generale di Sci srl , società specializzata nelle nuove tecnologie applicate ai settori education, turismo e beni culturali, nonché di Presidente dell’associazione culturale Eutropia dal 2009 al 2018. Vanta collaborazioni a pubblicazioni di primari istituti di ricerca e una infinità di pubblicazioni di articoli tecnici per riviste specializzate.

Professore Tuzzolino, quali sono i dati che di questa innovativa ricerca che è diventata un e-book, salito in pochi giorni al secondo posto nelle classifiche di vendita dei book store on line?
«I dati? Sono in primis 567 giovani che hanno gentilmente contribuito a questa raccolta. Dati e sussurri che vanno sfogliati, osservati, rielaborati con lenti plurali, alla ricerca di uno sguardo che si fa ascolto. Una serie di suggestioni in presa diretta, dunque, con tutti i limiti che sono immediatamente intellegibili. A partire dal momento specifico di rilevazione, che costituisce variabile importante».

Quando ha iniziato?
«L’inchiesta si è svolta dal 18 aprile al 5 di maggio: si tratta di un momento particolare, siamo nel pieno dell’“implementazione” del piano pandemico. Pochi giorni fa. Eppure…, forse siamo riusciti a fotografare un istante, ci auguriamo unico e non ripetibile, un istante che probabilmente avrà un peso nelle dinamiche del prossimo presente».

Come hanno reagito i giovani che si sono prestati in un momento di incertezza, confusione e criticità?
«Questo lavoro, in un momento particolarmente critico, ha provato a mettere dinanzi a uno specchio i giovani. Dalle parole dei docenti che hanno supportato la promozione dello strumento, abbiamo capito che l’inchiesta ha sollecitato riflessione e discussione, ha spinto molti a sistematizzare e a codificare i propri pensieri liberati dal tempo, sia in chiave individuale sia sociale. E si avverte che abbiamo intercettato un bisogno. Del resto la lontananza, dato ricorrente nella risposta relativa alla sfera emotiva, è sinonimo di astrazione, possibilità di guardare con distacco al nostro modus vivendi, ampiamente inteso. Postura apollinea, insomma, che, in epoca dionisiaca come la nostra, può allenare maggiormente al pensare teorico, sempre fecondo di azione rigenerativa quando opportunamente e strettamente relazionato alla vita».

Uno studio tutto italiano questo da lei firmato cui hanno collaborato anche altri professionisti come Albino Gusmeroli, Claudio Onnis, Vittorio Lo Verso, Matteo Massa, Maria Pia Pizzolante e Francesca Tuveri.
«Utilizzo la mia di lente e presento alcune indicazioni che questa comunicazione mi ha lasciato in dote. L’idea di fondo è che la comunità nazionale abbia retto, seppur con qualche inevitabile difficoltà, a questo difficile passaggio. L’ampia e, in alcuni casi, ritrovata fiducia nelle istituzioni della rappresentanza democratica e nelle principali funzioni che esse esercitano sembra un segnale inequivoco. Non stupisce la fiducia nell’Europa che si attesta poco sotto la metà dei nostri intervistati, tutto sommato un tasso di fiducia superiore a tutte le più recenti rilevazioni. Assume una dimensione importante la sfiducia in un istituto come la Chiesa, equilibrato dal grande apprezzamento manifestato nei confronti del volontariato, spesso di matrice cattolica: sorgono interrogativi in questa strana divaricazione».

Quali?
«Emerge una grande capacità adattiva della comunità educante che in tutte le sue componenti, docenti, studenti, genitori e istituzione scuola, attraverso un costante lavori in corso, dimostra la sua essenza strategica, la sua grande volontà di esserci e resistere anche a un evento traumatico come la crisi pandemica, a supportare gli individui in una dinamica di auto-aiuto».

E come?
«Con la didattica a distanza ad esempio, che è stato un esperimento importante che ci consente oggi più di ieri di apprezzare come in un’Analisi swot, punti di forza e di debolezza. Elementi certamente utili per supportare la comunità educante a imprimere una svolta innovativa e democratica all’istituzione scuola e all’istituzione Università. La didattica a distanza è stata la didattica dell’emergenza, come sostengono anche i nostri interlocutori; e nessuno immagina che possa essere sostitutiva della didattica tradizionale. Ma un’evoluzione verso la scuola digitale, di cui tanto si è discusso in questi anni, appare urgente per riallineare il rapporto con i linguaggi e le sintassi della contemporaneità, per ridefinire la relazione docente-studente, che appare logora ormai da tempo, per ripensare il rapporto con lo spazio didattico, che può e deve essere un mix di ambienti formativi. Rileviamo nei “nostri” giovani una forte richiesta di protezione e cura, di welfare, di accompagnamento».

La didattica a distanza durante il lockdown

Eppure da più parti non è accolta bene, i docenti discutono dell’assenza di rapporti ontologici con i discenti: cosa mi dice in merito?
«La crisi ha probabilmente avuto il potere di cambiare le priorità dei cittadini e, ci auguriamo, le agende del dibattito pubblico. Dinanzi a una condizione di smarrimento e disorientamento, di fronte alla “riscoperta” della propria fragilità, ritorna una richiesta di maggiore protezione collettiva. Il ritorno a una visione tragica dell’esistenza ha accelerato il passaggio di un popolo semi adolescente all’età adulta, attraverso il dolore (reale e rappresentato) e le paure (Maria Quarato, psicologa nda). E questo passaggio porta con sé una domanda più stringente di reti di protezione, individuate nella sanità, nel sostegno alle povertà, nella domanda di istruzione e di cura per gli anziani. Si palesa tutto lo smarrimento di chi (i giovani nel nostro caso) ha subito, in questa fase, un’ulteriore espropriazione del proprio futuro; e non è un caso che, nel quadro di una soggettività sociale già debole come quella dei giovani, questo elemento si avverta maggiormente tra le giovani donne e tra i giovani del sud, in particolare quelli che vivono in un ambiente urbano. Le distanze si allargano, insomma. I giovani sono disorientati, ancora più di prima; avvertono con paura il ridimensionamento dello spazio di azione».

Si sovvertono le relazioni tra gli umani?
«C’è una domanda di cambiamento nelle relazioni umane, nei rapporti con l’ambiente. Si avverte in fondo un processo di colpevolizzazione dell’organizzazione sociale, come se la crisi rappresentasse un campanello di allarme che deve metterci in guardia per le scelte e i comportamenti del prossimo futuro».

Cosa si aspetta da questa, rivoluzionaria visione sul Coronavirus?
«Ci auguriamo che questo lavoro offra spunti di riflessione e strumenti di comprensione della nostra realtà. Ci auguriamo che il desiderio di partecipare dimostrato dai giovani sia coltivato adeguatamente per potere finalmente ribaltare il refrain e dire che l’Italia è un Paese per giovani!».

Dunque didattica a distanza, relazione emotiva con quanto è accaduto, fiducia e aspettativa nelle istituzioni e il futuro, costituiscono i principali temi dell’inchiesta.
«Inchiesta che diventa ebook, impreziosita dall’introduzione del sociologo Aldo Bonomi e dal contributo di altri esperti, completano una lettura dei giorni drammatici del periodo di chiusura degli spazi sociali del nostro paese. Si tratta di un progetto di ricerca, di un primo step attraverso il quale si rivendica l’urgenza di tendere l’orecchio e di focalizzare lo sguardo sull’universo giovani, troppo spesso dimenticato e senza voce».

Professore, I giovani e la crisi del Covid-19. Prove di ascolto diretto a chi si rivolge, per chi lo ha scritto?
«Ho avuto una profonda percezione dello stato di allarme che si è creato in Italia a causa della crisi pandemica. Lo stato di eccezionalità ha suscitato in me un horror vacui, una paura del vuoto nel quale siamo precipitati. E come tutti ho rivolto a me stesso e a chi mi stava intorno, fisicamente e digitalmente, alcune domande attinenti sia alla sfera individuale che a quella sociale. Tra queste, come genitore, come insegnante, come cittadino, ricorreva la domanda su quali segni avrebbe impresso nella vita delle giovani generazioni. Come e quanto in profondità un evento di tale portata condizionerà l’immaginario dei giovani? Quali sensazioni sta generando? Quale portata di conoscenza produce una siffatta situazione? Se ritorniamo per un attimo al “mio” tempo andato, vengono in mente passaggi storici e sociali che hanno profondamente segnato la formazione delle generazioni. In un susseguirsi di istantanee, relative alla nostra anagrafica, vediamo l’austerity, gli anni di piombo e soprattutto (per il sottoscritto) la Palermo a cavallo tra anni ’80 e anni ’90, culminata nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Sulla base di quanto dettole, l’ho scritto per tutti ma principalmente per i giovani e pensando ai miei figli come primi interlocutori attivi. Certo ho pensato agli insegnanti, agli studiosi; e ho pensato anche alla politica, come luogo di comprensione e rappresentazione delle fenomenologie sociali: ascoltare, osservare, conoscere, studiare e dunque agire».

Come sarà il futuro dei ragazzi dell’era della pandemia?
«Oggi, come e più di allora, siamo dinanzi a un inedito, al di là degli elementi di giudizio che ciascuno può avere, siamo soggetti partecipi e al contempo oggetto del più grande esperimento sociale della Storia. Il presupposto, o comunque la curiosità, è che tale evento segnerà in profondità il nostro futuro. E l’impressione è che i più giovani, con maggiore intensità, da questa esperienza trarranno immaginario, idee del mondo, nuovi codici interpretativi, nuovi codici comportamentali. Le culture e i comportamenti giovanili sono fisiologicamente connaturati all’innovazione, sociale, tecnologica, di costume. E quindi anche la domanda su quali innovazioni si profilano come effetto più o meno diretto nel prossimo futuro. Prevarrà un atteggiamento curioso e proattivo? O, al contrario, una posa rinunciataria e “delegante”?
E sappiamo bene, come del resto sta emergendo, che gli effetti della crisi non sono uguali per tutti. Rischia di essere una leva di approfondimento dei divari, sociali, economici, digitali, culturali, come peraltro emerge anche dalla ricerca».

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