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SMF per La Sicilia- “Aiutiamo chi non ha più nulla” – Intervista ai soci dell’ass. Amici dell’Aiuto

1 Settembre 2021 - Articoli di S.M. Fazio, ESCLUSIVA!, Interviste, L'inchiesta
SMF per La Sicilia- “Aiutiamo chi non ha più nulla” – Intervista ai soci dell’ass. Amici dell’Aiuto

Da La Sicilia del 1° settembre 2021

“Aiutiamo chi non ha più nulla”

Pietro Lipera: «Il Covid ha impoverito, raggiunti più di 1000 nuclei. In futuro vorremmo aprire case famiglia per i piccoli più sfortunati»

“Il covid_19 che ha impoverito e fatto uno sterminio nel mondo, mettendo a dura prova i piccoli e le loro famiglie, ridotte sul lastrico”. Sulla base di riflessioni come queste e per quell’amore per i più fragili, un gruppo di amici guidati dal Presidente Avv. Pietro Lipera, dal Direttore Salvo Giuffrida, dal Segretario Santo Grasso e dal Consigliere Nino Luca, ha dato vita all’associazione ‘Amici dell’aiuto‘. Una sede in Via Firenze, 19 (nella frazione Cannizzaro) ad Aci Castello, dove giungono le offerte di grandi brand che permettono di far mangiare (propriamente detto) tante famiglie, non solo della piccola località marittima. «L’idea nasce a ottobre 2019» incalza Lipera «di seguito organizzai una riunione per gli auguri natalizi e invitando tanti amici ho esposto il voler aiutare chi non ha più nulla, nemmeno il cibo. Sono un padre, e questa condizione ha rivoluzionato il mio modo di vedere e di aiutare specie i piccoli. Grazie al contributo iniziale di quegli amici, abbiamo potuto fondare l’Associazione Amici dell’aiuto’ per avviare un banco alimentare». Quali i primi esiti? «Si sono presentate 120 famiglie del luogo e dei paesini limitrofi». A distanza di più di un anno quali evoluzioni? «Siamo giunti a oltre 1000 famiglie e puntiamo ad aiutarne quante più altre possibili, perché la pandemia non accenna a cessare». Che strategia avete adottato? «Abbiamo integrato dei servizi che coinvolgessero i bambini a star lontano dal disagio improvviso in cui si son trovati i familiari». E come? «I bambini della famiglie che assistiamo» incalza il Giuffrida «perché pensiamo che l’attività culturale e artistica in quanto forma importante di emancipazione dal degrado e disagio, sempre dietro l’angolo nelle cadute verso la povertà, ci ha portato a organizzare giochi pedagogici, di disegno e lettura con qualificati esperti che si sono avvicinati per dare il loro contributo, al fine di allontanarli anche dall’idea e dal pensiero del dolore improvvisamente presentatosi in famiglia».

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Dunque un Banco Alimentare con alcuni servizi? «Certo, ma non era così studiato» incalza il segretario Santo Grasso «ma… ‘vedendo facendo’. Ci ha commosso la voglia di aiuto e sostegno che è pervenuta da più parti». Che prospettive avete? «Vedendo facendo diceva il segretario» a parlare è il consigliere Luca «e ha ragione: abbiamo attivato la campagna del 5×1000 e un conto corrente per chi volesse sostenere l’Associazione e abbiamo affrontato, grazie anche all’esperienza in materia giuridica dell’avvocato Lipera, la prospettiva per il 2022 di aprire dei centri come case famiglia per bambini figli di genitori più sfortunati, chi per un errore finito in carcere, chi perché non c’è più». Ambizioni? «Sono» torna il Lipera «volontà di aiuto tout-court: immagini un bambino venuto al mondo e per qualunque errore dei genitori deve già pagare il disagio con l’avallo di questo maledetto virus che si stenta a sconfiggere. La mia gioia è saper che possiamo dare e rendere felici anche un solo giorno una famiglia nuova». Ma da chi arrivano i beni primari? «Dalla FEAD (Fondo economico per l’assistenza a famiglie disagiate, n.d.r.): è un programma sociale europeo che gestiamo in toto, ciò significa che prima si verifica il reddito, si fanno i colloqui e poi si delibera. In sintesi la truffa viene scongiurata». Il sincretismo è inevitabile: «Non guardiamo certo a diversità religiose o di razza: un bambino è un bambino». Col 5×1000 cosa fate? «Copriamo i classici costi… speriamo, ma andremo avanti anche se non percepiremo nulla». Santo Grasso, che le sofferenze le conosce data la sua lunga professione di infermiere, conclude: «La cruda realtà di chi non ha più nulla, fa riflettere sui bisognosi. Dovrebbero ravvedersi certe persone che sperperano il loro tempo a far pettegolezzo diffamando l’immagine di persone che oggi sempre più sembrano una rarità: pensare di più all’altro fa stare anche meglio; l’altro siamo noi stessi che potremmo trovarci in gravissime difficoltà».

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