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Il corpo non è chi siamo – (Il Venerdì di Francesco Das Atmananda)

3 Luglio 2015 - Il Venerdì

thescriptsystem2-237x300Un giovane di nome Naresh incontrò un santo.
Il santo gli chiese chi fosse, e il giovane rispose:<<Sono Naresh>>.
<<Chi sei?>> ribadì il santo.
Naresh, pensando che il santo non lo avesse udito, disse:<<Mi chiamo Naresh>>.
<<Sì, ma chi sei ?>> incalzò il santo.
Perplesso, Naresh rispose:<<Mio padre si chiama Ram Dutta. Vivo a Delhi.Faccio il ragioniere>>.
<<Sì, ma chi sei ?>> continuò il santo.
Il giovane si spremette le meningi per capire quella domanda. Il santo era forse duro d’orecchi ? O stava diventando vecchio e un po’ senile?<<Beh, se non lo sai,>>disse il santo con un sorriso<<forse è bene che tu sia venuto da me>>.

A questo punto il giovane rimase completamente sconcertato! Sentiva però una certa pace in presenza del santo e quindi tornò molte volte da lui, pur senza sapere veramente il perché. Un po’ alla volta, cominciò a riflettere:
<<Posso davvero definire me stesso in un modo così limitato, ad esempio dicendo che sono un ragioniere?>>
Cominciò a pensare:<<Io non sono ciò che faccio. Sono un giovane con molti interessi, incluso quello di fare visita a questo santo, anche se lo faccio per ragioni che non comprendo pienamente>>.

<<Chi sei?>> gli chiese nuovamente il santo, un giorno. A quel punto, il vecchio apparve al giovane non solo perfettamente normale, ma perfino saggio.
<<Non so chi sono veramente>> disse Naresh.
<<Adesso va meglio!>> esclamò il santo.<<Allora pensaci di nuovo. Chi sei?>>

Bene, rifletté il giovane. Ho un nome, una famiglia, un domicilio. Ma sono davvero una qualunque di queste cose ? All’improvviso ebbe questa rivelazione:
<<Sono un’anima in cerca di se stessa!>>.

Il suo corpo era ancora giovane, ma sapeva che col tempo sarebbe invecchiato. Anche adesso, nel suo intimo, egli era la stessa persona che era stato da bambino. Il corpo era cambiato, ma lui no. Quindi non era il corpo.
Continuò a riflettere. La sua comprensione era cambiata da quando aveva incontrato il santo, ma nel suo intimo era ancora lo stesso. La sua personalità era cambiata, ma qualcosa nella sua coscienza era rimasto immutato.

Lentamente comprese che lui, proprio lui, era un punto di percezione interiore dal quale si limitava ad osservare quei cambiamenti, senza però definire se stesso in base a essi.
Ciò che cambia, comprese, non può essere ciò che sono. Io sono quel qualcosa dentro di me che rimane immutato, che semplicemente osserva il cambiamento.
Così, giunse ad identificarsi sempre più con la sua anima.

Un giorno disse al guru:<< So chi sono, ma non ci sono parole con cui io possa parlarne>>. Il santo, nell’udire questo, si limitò a sorridere. Più tardi disse:<<Ora che ti mancano le parole, c’è così tanto che possiamo dirci!>>

Considerazioni personali:

Questa è l’unica vera identificazione che corrisponde realmente a ciò che siamo: la nostra Anima.

Purtroppo in molti continuano ad identificarsi in ciò che fanno, in ciò che hanno o nelle maschere che indossano.
Continuano così a trascorrere una vita tra le nebbie dell’illusione, oscillando tra le emozioni scaturite dalle apparenze.
Diventano così come velieri in balia delle onde della vita senza rendersi conto di ciò che veramente sono e del motivo per il quale sono venuti in questa incarnazione.

Questo modo d’essere, inevitabilmente, porterà a degli “aggiustamenti” da parte dell’Anima che, in un modo o in un altro, cercherà di farci capire come veramente stanno le cose.

Colui che ha compreso chi veramente è, guarda tutto dal punto di vista dell’Osservatore. Cercherò di chiarire il concetto per quanto mi sia possibile.

Se inizio a pensare ad una persona o ad una circostanza con critica e giudizio e nel contempo mi accorgo di ciò che sto pensando ed osservo questo mio modo scorretto di usare la mente, ebbene in quel momento sono l’Osservatore e posso gestire al meglio i miei pensieri.

Stessa cosa quando usiamo la parola. Osserviamoci in quello che diciamo ed eventualmente apportiamo delle correzioni. Colui che non osserva le proprie parole rischia di fare molti danni. Una volta lessi sulla facciata di un’ antica chiesa questa frase:

“La Regola delle 10 P : Parole Poco Pensate Portano Pena Perciò Prima Pensare Poi Parlare”. Saggezza Antica…

Un Maestro disse:” Osserva le tue parole quando sei in compagnia ed osserva i tuoi pensieri quando sei da solo.”
Non credo di esagerare affermando che in questa frase è racchiusa la chiave che può aprirci le porte dell’Illuminazione…

Un abbraccio di Luce e Pace per tutti
e buon fine settimana con Amore (AGAPE)
Francesco das Atmananda
(Giuseppe Bufalo)

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