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La Sicilia – Musolino tra la luce e l’ombra di Lipari – Recensione a “Giallo Lipari” di Francesco Musolino (E/O)

10 Ottobre 2025 - Articoli di S.M. Fazio, Recensioni
La Sicilia – Musolino tra la luce e l’ombra di Lipari – Recensione a “Giallo Lipari” di Francesco Musolino (E/O)

Da La Sicilia del 10 Ottobre 2025

Musolino tra la luce e l’ombra di Lipari

C’è una luce, nelle prime pagine di “Giallo Lipari” (E/O Edizioni, pp. 288, € 18,00), nuovo romanzo del messinese Francesco Musolino, che sembra voler cancellare tutto: il mare luccica, l’aria vibra di calore, la vita scorre in apparenza senza attriti. Poi qualcosa si incrina, e da quella crepa entra l’ombra, o l’oscurità? Francesco Musolino firma un romanzo che è insieme giallo, racconto d’isola e indagine sull’illusione della trasparenza. Perché, come scrive il suo protagonista, «a forza di guardare la bellezza, si smette di vedere il resto». Il protagonista è l’ispettore Giorgio Garbo, giunto a Lipari da Milano con il passo stanco di chi ha perso il proprio baricentro. Trentatré anni, elegante, metodico, incapace di lasciarsi andare. Il suo trasferimento alle Eolie ha il sapore di una punizione: il nord efficiente confinato nel sud dei silenzi e delle lentezze.

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Ma è proprio quella distanza – il suo non appartenere – a renderlo capace di vedere ciò che l’isola nasconde dietro il mito della luce. Il romanzo si apre con il ritrovamento di un cadavere ai piedi dei Faraglioni. È il punto di partenza di un’indagine che si allarga a dismisura: un caso di cyberstalking ai danni di una influencer, il traffico di fentanyl, la sottile violenza delle apparenze. Musolino intreccia cronaca, costume e introspezione con una scrittura nitida, dal passo controllato, in cui ogni dettaglio ha un peso preciso. Il giallo non è solo un meccanismo narrativo, ma uno specchio: riflette le nostre ossessioni per l’immagine, la paura di scomparire, la solitudine dietro l’esposizione continua. Lipari è il vero deus ex machina. Non la “Sicilia minore” da cartolina, ma un organismo vivo, che osserva e giudica. L’autore ne restituisce la fisicità: la calce bianca che abbaglia, i motorini nelle viuzze, il profumo di sale e di pesce arrostito, il vento che scava le rocce. In questa luce troppo piena ogni ombra diventa più netta, ogni segreto più evidente. È una bellezza che inquieta, perché non lascia scampo: chi resta ne è prigioniero, chi arriva ne viene inghiottito. Musolino scrive con uno sguardo doppio: quello del cronista che conosce la realtà e quello del narratore che la trasfigura. La lingua è essenziale, mai ornamentale; il ritmo alterna quiete e accelerazioni improvvise, come il respiro del mare. Nei dialoghi, asciutti e concreti, si percepisce l’eco del parlato senza cadere nel pittoresco. Il risultato è un romanzo che si muove tra rigore e suggestione, in bilico fra la tensione del noir e la malinconia del racconto morale. Garbo, con la sua ostinata ricerca di ordine, è un personaggio che vive di contrasti: nord e sud, legge e pietà, verità e convenienza. L’indagine diventa per lui una forma di conoscenza, un modo per comprendere se stesso. Nel suo sguardo straniero si riflettono i nostri, intrappolati tra desiderio di chiarezza e paura di scoprire troppo. Il finale evita la tentazione del colpo di scena. Non esplode: si compone. È una soluzione coerente, quasi necessaria, che lascia spazio al silenzio e a una domanda irrisolta. L’autore preferisce la misura all’effetto, la verità emotiva alla sorpresa artificiosa. È la scelta di uno scrittore che conosce bene il proprio passo. Con il romanzo “Giallo Lipari”, Francesco Musolino conferma la solidità di una voce ormai riconoscibile nel panorama del noir italiano: capace di intrecciare tensione e introspezione, paesaggio e psicologia, senza sacrificare l’una all’altra. Il suo Mediterraneo non è un luogo di evasione ma di rivelazione; non un rifugio, ma una lente che ingrandisce le crepe del reale. In queste pagine il sole non consola: mette a nudo. E ci ricorda che la luce, a volte, è soltanto un altro modo di dire il buio.

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