
Da La Sicilia del 30 Giugno 2025
Due ragazzi, due vite opposte
L’intervista. In libreria “Corpi di Cristo” di Massimo Cracco ambientato in una Verona «reazionaria e moralista che genera avversione nei confronti di ogni forma di devianza»
Marzo 2020, in pieno covid nessuno esce di casa: i pc in tilt, tutti in rete. Si conoscono nuove persone. In Sicilia, patria della cultura, un veronese doc, Massimo Cracco da meno di un mese uscito con “Senza”, digitalmente è uno dei più letti e ascoltati. Nel Settembre dello stesso anno approderà a Catania, aggiudicandosi il Premio della Critica della II edizione di “Etnabook – Cultura sotto il Vulcano”. Sono trascorsi cinque anni, ne avevamo perso le tracce, il 20 Giugno uscirà con “Corpi di Cristo” (Italo Svevo, pp. 152, € 17,00). Ci rivediamo, a Verona stavolta, seduti in un terrazino che dà sull’Adige, ci racconta l’idea del libro: «E’ la storia dell’amicizia di due ragazzi straordinariamente dotati che prenderanno strade opposte. Il protagonista, di origini tedesche e senza un nome, ha tratti ossessivi, un’insicurezza debilitante, è afflitto dalla perdita della sorellina Maria, e Nilo che spargerà violenza nei confronti di quelli che, a suo modo di vedere, sono i perdenti, gli inadatti, i parassiti della società. Due diverse visioni del mondo, il protagonista che interpreta il reale in modo impreciso, confuso, e a cui non riesce a dare un significato; quella di Nilo, che al mondo vuole imporre ordine e disciplina; ma c’è un parallelismo tra l’ossessività del protagonista e il fanatico tradizionalismo di Nilo: entrambi i modi sono riconducibili al tentativo di costringere il tempo entro un perimetro ciclico, di ridurlo a tempo non lineare, uroborico, che sempre torna su sé stesso: ma che per il protagonista è ridotto a simbolo corporeo, subìto e metaforizzato, l’estremo e inconsapevole tentativo di un’accettazione, di un adattamento.»
Ambientato tra la Valpolicella, Verona e Padova: perché questo titolo? «Il riferimento al sacramento dell’eucaristia è sfumato, ma il titolo continua a evocarlo e riesce a coniugare alcuni temi base del libro: corpi/religione, corpi/identità, corpi che subiscono violenza, che la agiscono, la sessualità repressa dei corpi che torna in forma di perversione, corpi precisati dalla cultura cattolica: corpi per sempre obbligati entro questa precisazione, ancora per i prossimi mille anni, corpi che perciò rimarranno Corpi di Cristo.» C’è del politico? «C’è la negazione del politico, implicita e sfumata asserzione dell’insignificanza di ogni idea politica; c’è però il tentativo di portare in emersione il clima di Verona, reazionario e moralista, secondo il modo di percepirlo del protagonista; un clima che genera avversione nei confronti di ogni forma di devianza; un clima collettivizzante che bandisce il pensiero individuale, pensiero che perciò fatica a emergere, persino a riconoscersi: impresa difficile, schiacciata dal peso delle tradizioni; anche il protagonista capirà di non essersene affiancato, di non essere diventato l’uomo libero che voleva diventare, irretito, anche lui, da cristallizzati schemi culturali; ma se lo scontro dialettico risulta sempre vano perché vissuto sul piano di un’immobile sterilità culturale (parole, idee, fatti, e soprattutto resoconto dei fatti) allora è il corpo che si prende la libertà di parlare e di opporsi, a modo suo, alla stasi; così farà il corpo del protagonista: lo sentirà abitato dalla sorella appena morta, nell’ossessivo e contraddittorio tentativo di continuarne la vita per tentare di fare avanzare il tempo; lo farà con il rifiuto che opporrà al cibo, fisiologico rigetto di una statica e presunta significanza del mondo, un rigetto in cerca di una definitiva resa, di una via di fuga, la morte.»