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SMF per La Sicilia – “Senza” di Cracco quando il corpo umano si ribella alla Storia

17 Aprile 2020 - Articoli di S.M. Fazio, ESCLUSIVA!, Interviste
SMF per La Sicilia – “Senza” di Cracco quando il corpo umano si ribella alla Storia

Da La Sicilia del 17 aprile 2020

Senza”, di Massimo Cracco, AutoRiuniti edizioni, – classe ’65, laurea in ingegneria meccanica, ottavo anno di Conservatorio, docente di chitarra classica e matematica e un’ esperienza come editore (Brillosto ed., n.d.r), pasionariodella poesia con esordio nel 2012 alla narrativa – è la ribellione di un corpo umano alla Storia, dove le gambe di Paolo chiedono di essere amputate. «L’amputazione – racconta l’autore – è segno di rinuncia al mondo e di un peculiare adattamento; un adattamento mostruoso che per il protagonista passa dalla rinuncia di una parte di sè; un autoannullarsi. La ricerca di una solitudine definitiva dal mondo e da sé stesso».

L’aspirazione alla mutilazione: cosa rappresenta?

«È un rito di passaggio. Il messaggio è che siamo tutti in qualche modo forzatamente adattati alla complessità del vivere, la realtà ci obbliga a quotidiani adattamenti, a rinunce, nei rapporti affettivi, nel lavoro, e che dunque il nostro adattamento passa inevitabilmente da invisibili amputazioni, siamo tutti degli amputati come Paolo».


 

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Storia oscura e torbida: ha un riferimento storico?

«C’è Paolo, un ragazzino spaventato, che non comprende il mondo e la sua violenza. Un fatto di cronaca gli lascia un’indelebile impressione: Chloe Jennings, e questo è il riferimento storico a un fatto reale, americana dello Utah, affetta da B.I.I.D. (Body Integrity Identity Disorder), sempre più insofferente di avere e sentire le gambe tanto da farsi recidere il midollo spinale per raggiungere la felicità».

Cosa gliene viene?

«Paolo cresce, il suo temperamento ossessivo lo tiene avvinghiato al caso Jennings, ne dà un’ interpretazione coerente alla sua vocazione di perdente ed escluso: senza gambe, la sua rinuncia diventerebbe definitiva, da fermo eviterebbe il contagio del mondo. Cerca di vivere in disparte, ma il mondo non fa sconti a nessuno, sicché viene scaraventato in vicende amare costellate di umiliazioni e tradimenti; sarà accusato di aver fatto parte delle Gott mit Uns, la banda neonazista responsabile delle stragi nella Verona degli anni ottanta, accusa fomentata da Francesca, l’affettuosa presenza di tutta una vita che, adesso, è pronta a tradire l’amico pur di salvare Marco e Ludovico, il compagno e il fratello, i veri ideatori delle Gott mit uns e responsabili degli eccidi».

Alludi a Ludwig, gli sterminatori contro ciò che ritenevano impuro?

«Il riferimento c’è, ma la fantasticheria della storia è legata a quell’altro fatto reale di cui prima ti ho detto, tanto che le sue sfortune e la sua stranezza diventano cronaca. Paolo, ora, è adatto al progetto di una fronda estremista del Vaticano, qui la Chiesa entra prepotentemente nella vicenda, con risvolti inaspettati, la trama prende una strada imprevista e pregnante, entra in gioco il tema della fede cristiana, delle sue contraddizioni e della sua presenza nella storia dell’Occidente ».

In questo tuo terzo libro ancora una volta la psico-analisi domina e si impone.

«Molto. Ho una formazione consolidata in psicologia analitica, materia che conosco e ho approfondito; la psicologia dei personaggi è fondamentale, se ne fossero privi non sarebbero credibili, un libro deve sempre partire dal personaggio, qualsiasi storia si racconti non ha alcun valore se vissuta da personaggi poco o mal precisati, indistinti e privi di coerenza; e poi i libri che ho scritto, pubblicati o meno, trattano temi marcatamente psico-pedagogico».

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Ispirato a dei fatti reali: chi è Chloe Jennings?

«La storia vera dell’americana sofferente di B.I.I.D. (Body identify integrity disorder), disturbo che porta chi ne soffre a desiderare la mancanza di una parte del corpo, Chloe vive su una sedia a rotelle ma le sue gambe funzionano, sono sane, lei le rifiuta, non le sente di alcuna utilità, le percepisce prive di senso, un’appendice autonoma e irrelata al resto del corpo; il suo sogno è farsi recidere il midollo spinale per non sentirle più».

C’è la ‘nientificazione’ di Cioran e Zapffe in “Senza”?

«So che mi ha spinto l’urgenza di cercare una giustificazione a questo incredibile disturbo al di là delle risposte insufficienti della psichiatria, un significato al di là della scienza medica, un significato simbolico, una motivazione universalmente comprensibile nel piano stesso dell’esistenza; ho scritto Senza per attribuire un senso a qualcosa, come l’aspirazione alla rinuncia di una parte di sé, che apparentemente non lo ha. E sì, Cioran mi ha molto suggestionato, è un filosofo che conosco bene, la sua rinuncia al mondo, la sua idea di mondo è assimilabile a quella di Paolo, le quattro parti del libro sono tutte introdotte da un aforisma di Cioran».

Il mondo non è di Leibniz: il migliore possibile?

«Sicuramente no! “Senza” è per coloro che si interrogano sulla realtà del mondo e il significato della propria quotidiana lotta. L’ho scritto arricchendolo di critiche all’ipocrisia della nostra società, alle sue contraddizioni, vi si trovano fatti di sangue realmente accaduti in quella Verona bene di impronta nazista».

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