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SMF per La Sicilia – Quattro monologhi di Sarah Grisiglione su storie in bilico tra la vita e la morte – Intervista

15 Dicembre 2022 - Articoli di S.M. Fazio, DIGRESSIONI, Interviste
SMF per La Sicilia – Quattro monologhi di Sarah Grisiglione su storie in bilico tra la vita e la morte – Intervista

Da La Sicilia del 15 dicembre 2022

Quattro monologhi di Sarah Grisiglione
su storie in bilico tra la vita e la morte

Di quattro racconti asciutti, reali e spietati si compone “Io non sono vivo” (L’Erudita, pp. 55, € 15) nuova pubblicazione di Sarah Grisiglione. Il tema trattato potrebbe non esistere se non si indagasse in quella tensione umanissima che riporta alla morte: l’autrice infatti ci mette innanzi all’ inevitabile, che si presenta per tutti da quando siamo in terra, ma anche prima di approdarvi, comunicando al lettore la voce del defunto: o potrebbe non esserlo? «La voce narrante è la stessa in tutti e quattro i monologhi del libro. È una sorta di antenna emotiva che esiste attraverso i racconti dei personaggi, incarnandoli tutti, quindi, non ha un sesso né un’età specifici. Ogni storia è differente, li accomuna solo la morte: una ragazza stuprata in tempo di guerra, un uomo truffato da una femme fatale che può avere ma non trattenere, una donna vittima di violenza domestica e un omosessuale malato di aids». In ‘Mi chiamo Maria’, incrocia diversi nomi, che inizialmente confondono, ma che subito dopo impone in una narrazione fluida che accompagna allo stupo, con una anomalia: ce ne parla? «Non penso sia confusionario utilizzare altri personaggi, utili al dipanarsi della storia. La giovane non è solo vittima di violenza sessuale, ma anche dell’ignoranza e della povertà. In questo caso sottolineo come una donna che ha appena smesso di essere figlia, ha difficoltà a coprire il ruolo di madre, soprattutto come conseguenza di uno stupro; l’aborto illegale della comare Franca, personaggio comune e conosciuto in un’epoca storica come il dopoguerra, è una scelta imposta e nello stesso liberatoria. Maria nella morte trova la libertà di essere».C’è della simbologia nella numerazione che la prostituta d’alto bordo associa alle proprie conoscenze? «Simbologia legata al racconto della femme fatale, che non è una prostituta, ma una seduttrice per interesse; oggi questo racconto si potrebbe inserire all’interno delle cosiddette truffe affettive». Ha attinto ispirazione dalle sue professioni per giungere a un livello così emotivo e intenso che riportano al reale, seppur una lieve sfumatura kafkiana emerge? «Sicuramente, essere donna, mamma, docente e psicoterapeuta sono ruoli che hanno aiutato il racconto, ma l’intensa lettura di libri e le notizie di cronaca mi hanno ispirato».

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Dei suoi precedenti, questo appare il più letterario, ottimo per una riduzione teatrale: a cosa è dovuta questa svolta? «Dopo la pubblicazione, ho pensato proprio ad una pièce teatrale, mi sembrano quattro monologhi drammatici e, a tratti, pungenti, che vedrei benissimo interpretati in scena. In realtà, questo libro è stato scritto prima nel 2014 e lo tenevo nella mia valigia rossa, questa estate l’ho inviato al gruppo Giulio Perrone per curiosità e mi è arrivata subito la loro proposta editoriale. Sembra più letterario degli altri perché il genere è diverso: è un grido dell’anima» Si coglie l’andare “oltre”, tra intense riflessioni sul chi siamo e il grande edonismo che per diversificate cause viene distrutto: perché? «La ricerca del piacere, che per me, spesso, coincide con la felicità, è un’esigenza personale ma, altresì, universale. È necessario però, che venga regolata da un criterio etico e speculativo, altrimenti rischia di essere incarnata solo nel semplice attimo orgasmico. Il nemico con cui, nel nostro mondo, dobbiamo confrontarci è la caducità della vita, in cui avviluppati dalle categorie Spazio/Tempo, diventiamo esseri finiti di cui la morte è il fine ultimo».

 

 

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