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La vita di ogni gior­no per sei fi­lo­so­fi si­ci­lia­ni: av­ven­tu­rie­ri del pen­sie­ro op­pu­re schia­vi dei li­bri? SMF intervistato da Francesca Rita Privitera per Sicilian Post

14 Novembre 2018 - Articoli su S.M. Fazio
La vita di ogni gior­no  per sei fi­lo­so­fi si­ci­lia­ni: av­ven­tu­rie­ri del pen­sie­ro op­pu­re schia­vi dei li­bri? SMF intervistato da Francesca Rita Privitera per Sicilian Post

In una re­cen­te in­ter­vi­sta la com­pa­gna di Die­go Fu­sa­ro ha la­scia­to emer­ge­re che quel­la del­l’u­ma­ni­sta è una esi­sten­za no­io­sa: tut­to il gior­no a leg­ge­re He­gel, Coca-Cola e cous cous ban­di­ti, com­pa­gna de­di­ta a sti­ra­re e cu­ci­na­re. Ma, al di là di iro­nie e luo­ghi co­mu­ni, qual è il mo­dus vi­ven­di del­le Ci­vet­te di Ate­na, dal­la ta­vo­la al tem­po li­be­ro? Sono asce­ti­ci pre­di­ca­to­ri? Cosa si­gni­fi­ca per loro fi­lo­so­fia?

Bar­ba, tu­ni­ca e lan­ter­ni­na in mano. Ac­ce­sa. In pie­no gior­no. Cosa fan­no nel­la vita? È una do­man­da de­sta­bi­liz­zan­te per gli uf­fi­ci co­mu­na­li: “fi­lo­so­fo” non cam­peg­gia abi­tual­men­te sul­le car­te d’i­den­ti­tà. E la so­cie­tà se ne pren­de pit­to­re­sca­men­te bur­la. Pro­prio al­cu­ni gior­ni fa un’in­ter­vi­sta alla fu­tu­ra mo­glie di Die­go Fu­sa­ro (fi­lo­so­fo me­dia­ti­co) la­scia­va emer­ge­re che quel­la del­l’u­ma­ni­sta è una vita no­io­sa: tut­to il gior­no a leg­ge­re He­gel, Coca-Cola e cous cous ban­di­ti, com­pa­gna de­di­ta a sti­ra­re e cu­ci­na­re. Il pie­mon­te­se ha ri­ve­la­to la co­mi­ci­tà del­la no­ti­zia smen­ten­do­la ma non pos­sia­mo fare a meno di chie­der­ci: è dav­ve­ro no­io­sa la vita dei fi­lo­so­fi? Lo ab­bia­mo chie­sto ad al­cu­ni pen­sa­to­ri si­ci­lia­ni.

Gio­van­na Rita Giar­di­na: «A vol­te mi sem­bra di es­se­re una spe­cie di In­dia­na Jo­nes, alla ri­cer­ca di ve­ri­tà na­sco­ste tra le ri­ghe di un te­sto che aspet­ta­no me per es­se­re mes­se a di­spo­si­zio­ne del mon­do»

L’IN­DIA­NA JO­NES. La Pre­si­den­te del Cor­so di Lau­rea ma­gi­stra­le in Scien­ze Fi­lo­so­fi­che del­l’U­ni­ver­si­tà di Ca­ta­nia Gio­van­na Rita Giar­di­na giu­ra che la vita del fi­lo­so­fo è av­ven­tu­ro­sa e per­tan­to di gran re­spon­sa­bi­li­tà: «Abi­to al cen­tro di Ca­ta­nia. La baby sit­ter un gior­no mi rim­pro­ve­rò be­ne­vol­men­te di star­me­ne chiu­sa nel mio stu­dio men­tre “tut­to il mon­do” era sot­to casa mia. Il modo in cui mi con­du­ce­vo le sem­bra­va in­na­tu­ra­le! Ca­pi­sco che i più pos­sa­no giu­di­ca­re no­io­so il tem­po pas­sa­to in mez­zo ai li­bri ma la que­stio­ne ri­sie­de nel modo in cui si con­si­de­ra­no le cose. La vita del fi­lo­so­fo a me sem­bra av­ven­tu­ro­sa, a trat­ti pe­ri­glio­sa. A vol­te mi sem­bra di es­se­re una spe­cie di In­dia­na Jo­nes, alla ri­cer­ca di ve­ri­tà na­sco­ste tra le ri­ghe di un te­sto che aspet­ta­no me per es­se­re mes­se a di­spo­si­zio­ne del mon­do. E che dire del­l’in­se­gna­men­to? Io non mi an­no­io af­fat­to! An­che io ov­via­men­te ho re­la­zio­ni so­cia­li e di­ver­ti­men­ti, ma an­che io cu­ci­no e sti­ro. Sono dun­que una don­na tri­ste ab­bru­ti­ta tra le fac­cen­de do­me­sti­che?»

Mas­si­mo Vit­to­rio: «Ado­ro il buon cibo e il buon al­col. Man­gio nei mi­glio­ri ri­sto­ran­ti del mon­do e al ca­mion dei pa­ni­ni vi­ci­no casa. Sono fa­vo­re­vo­le ai fi­lo­so­fi nei me­dia come sti­mo­lo alla ri­fles­sio­ne e al­l’im­pe­gno»

IL VIAG­GIA­TO­RE. Il Ri­cer­ca­to­re di Fi­lo­so­fia Mo­ra­le al Di­sum Mas­si­mo Vit­to­rio ci ri­spon­de da L’A­ia (in Olan­da) a pro­va del­la sua fi­lo­so­fia di vita e del­la sua vita da fi­lo­so­fo: «Il la­vo­ro del “fi­lo­so­fo” (nel mio caso del ri­cer­ca­to­re) non ha ora­ri d’uf­fi­cio. Spes­so fac­cio tar­di da­van­ti la scri­va­nia ma ciò non mi pre­clu­de vita so­cia­le, né pro­get­ti di­ver­si. Come Chief Exa­mi­ner spes­so viag­gio e, quan­do pos­so, an­che per pia­ce­re. Ge­sti­sco una co­mu­ni­tà di Igers con Tra­ve­lo­so­phy, con­di­vi­den­do la pas­sio­ne per il viag­gio come esplo­ra­zio­ne del­l’e­si­sten­za. Sono un aman­te del­la vita e dei pia­ce­ri e cre­do nel­la so­brie­tà non nel­l’a­sti­nen­za. Quin­di ado­ro an­che il buon cibo e il buon al­col. Man­gio nei mi­glio­ri ri­sto­ran­ti del mon­do e al ca­mion dei pa­ni­ni vi­ci­no casa. Sono fa­vo­re­vo­le ai fi­lo­so­fi nei me­dia come sti­mo­lo alla ri­fles­sio­ne e al­l’im­pe­gno. Ado­ro la ri­cer­ca fi­lo­so­fi­ca. Ado­ro tro­va­re più do­man­de che ri­spo­ste. Ado­ro in­se­gna­re, an­che se tal­vol­ta è de­so­lan­te. Mi pia­ce en­tra­re in con­tat­to con gli stu­den­ti: l’u­ma­ni­tà è con­ta­mi­na­zio­ne, ne­ces­si­tà del­l’al­tro, al di là dei ruo­li so­cia­li».

Ema­nue­le Coco: «Il pen­sie­ro com­bat­te quel­la noia che ci por­ta a con­ti­nui sel­fie, a ten­ta­re like, a man­da­re giù li­tri di ape­ri­ti­vi sen­za sen­tir­ci mai fe­li­ci»

IL VE­LI­STA. Per il Ri­cer­ca­to­re di Sto­ria del­la Fi­lo­so­fia al Di­sfor Ema­nue­le Cocoan­che gli hob­by sono fi­lo­so­fi­ci e co­ro­na­men­to del­l’in­te­res­san­te vita dei pen­sa­to­ri: «Il pen­sie­ro com­bat­te quel­la noia che ci por­ta a con­ti­nui sel­fie, a ten­ta­re like, a man­da­re giù li­tri di ape­ri­ti­vi sen­za sen­tir­ci mai fe­li­ci. Cre­do al­l’u­nio­ne di men­te e sen­sua­li­tà, alla poe­sia e alla bel­lez­za del­la vita, al­l’en­tu­sia­smo dei sen­ti­men­ti. La sto­ria dei fi­lo­so­fi è ben più in­te­res­san­te di quel­la dei di­ret­to­ri di ban­ca, dei di­ri­gen­ti di azien­da, e an­che dei sur­fi­sti: come quel­la di Per­cy Shel­ley che spes­so an­da­va in bar­ca a vela con il suo ami­co e una mat­ti­na fug­gì con le fi­glie del suo mae­stro. An­che io pas­so le esta­ti in bar­ca a vela. Per­ché an­che il ven­to a mare è un modo (fi­lo­so­fi­co) per met­te­re le idee in mo­vi­men­to».

Ma­ria Vita Ro­meo: «La fi­lo­so­fia non crea og­get­ti da ri­ven­de­re: crea ani­ma. Per me è dia­lo­go, è re­la­zio­ne. E come fa la re­la­zio­ne a es­se­re no­io­sa se ognu­no di noi è uni­co e ir­ri­pe­ti­bi­le?»

LA DIA­LO­GA­TRI­CE. Il Pro­fes­so­re as­so­cia­to di Fi­lo­so­fia Mo­ra­le al Di­sum Ma­ria Vita Ro­meo sot­to­li­nea l’e­mer­gen­za pra­ti­ca dei pa­dri del­la fi­lo­so­fia che in­ten­de come ju­ste mi­lieu: «Se il fi­lo­so­fo ap­pa­re inu­ti­le è per­ché, in un mon­do ba­sa­to sul­l’e­co­no­mia, gli si chie­de che pro­du­ce. Ma la fi­lo­so­fia non crea og­get­ti da ri­ven­de­re: crea ani­ma. Per me è dia­lo­go, è re­la­zio­ne. E come fa la re­la­zio­ne a es­se­re no­io­sa se ognu­no di noi è uni­co e ir­ri­pe­ti­bi­le? E il fi­lo­so­fo che si rap­por­ta co­stan­te­men­te con l’al­tro come può es­se­re no­io­so? Kant vi­ve­va di sen­ti­men­ti; Car­te­sio pian­ge­va i lut­ti, ave­va sete di ami­ci­zia, par­la­va di re­spon­sa­bi­li­tà. Il fi­lo­so­fo, come per Pla­to­ne, mica ri­ma­ne in con­tem­pla­zio­ne ma ri­scen­de. Per me i pa­dri del­la fi­lo­so­fia sono or­na­men­to per fon­da­re la mia per­so­na. Se stu­dio Ari­sto­te­le non spo­so però il pen­sie­ro sul­la schia­vi­tù. Fi­lo­so­fia è un con­ti­nuo met­te­re in di­scus­sio­ne sé e il pen­sie­ro, fuo­ri da ogni ismo».

Gio­van­ni Ca­mar­di: «La fi­lo­so­fia non è no­io­sa di per sé, di­pen­de dal­l’uo­mo. Agli stu­den­ti dico di viag­gia­re, an­da­re al ci­ne­ma e far­si avan­ti»

L’IN­CO­RAG­GIA­TO­RE. Il Pre­si­den­te del Cor­so di Lau­rea in Fi­lo­so­fia Gio­van­ni Ca­mar­di si ap­pel­la alla com­po­nen­te uma­na e ca­rat­te­ria­le di cia­scu­no: «La fi­lo­so­fia non è no­io­sa di per sé, di­pen­de dal­l’uo­mo. Al­co­li­ci non ne bevo per­ché non mi piac­cio­no; la Coca-Cola sì. Cosa fac­cio nel tem­po li­be­ro? Di tut­to, quel­lo che fan­no le per­so­ne nor­ma­li. I con­si­gli che do ai miei stu­den­ti? Viag­gia­re, an­da­re al ci­ne­ma e far­si avan­ti».

Sal­va­to­re Mas­si­mo Fa­zio: «L’a­mo­re per il sa­pe­re è fi­lo­so­fia? Io ho amo­re per la no­vi­tà. Po­chi oggi a svi­lup­pa­re nuo­ve tesi»

L’AL­TER­NA­TI­VO. Lo scrit­to­re ca­ta­ne­se del ni­chi­li­smo co­gni­ti­vo Sal­va­to­re Mas­si­mo Fa­zio au­spi­ca l’au­to­no­mia del fi­lo­so­fo dal­l’au­to­re­vo­lez­za dei clas­si­ci da­van­ti a un ca­li­ce pie­no: «L’a­mo­re per il sa­pe­re è fi­lo­so­fia? Io ho amo­re per la no­vi­tà. Po­chi oggi a svi­lup­pa­re nuo­ve tesi. Io ho stu­dia­to Cio­ran, Sga­lam­bro e Ca­ra­co. Leg­go, non He­gel; pro­vo a bere tut­ti i tipi di bir­ra; me­di­to al­me­no 2 ore al gior­no; at­ten­do il volo per le par­ti­te del­la Roma; zap­pin­go tra pro­gram­mi, come Chi l’ha vi­sto? o Amo­re cri­mi­na­le; or­ga­niz­zo ras­se­gne let­te­ra­rie; pas­seg­gio con la mia ca­gno­li­na; sen­to il mio ami­co; ado­ro la mia com­pa­gna. Se non aves­si pro­ble­mi col me­ta­bo­li­smo e l’er­nia bi­vac­che­rei sem­pre tra ri­sto­ran­ti, wine bar e di­sco. Poi nei mo­men­ti il­lu­mi­nan­ti scri­vo del­la mia ipo­te­si fi­lo­so­fi­ca».

In­som­ma: av­ven­tu­rie­ri, aman­ti di hob­by di­ver­si, buo­ne for­chet­te mul­tiet­ni­che, uo­mi­ni e don­ne nor­ma­li. An­che se con la lan­ter­ni­na ac­ce­sa in pie­no gior­no. E, in fon­do, co­s’è la nor­ma­li­tà? Non è for­se pas­sio­ne, la stes­sa che emer­ge dal­le loro pa­ro­le, ti­mi­de nel de­fi­nir­si fi­lo­so­fi?

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