Menu

GIORNATA DELL’ORGOGLIO ROSSAZZURRO – Domenica 5 giugno 2016 h. 17 Stadio Angelo Massimino – Catania

31 Maggio 2016 - Sabato Sportivo

ctVentitré anni fa, il televideo è fermo nella pagina del calcio, racconta uno degli abusi più assurdi dello sport mondiale: quello delle società calcistiche da radiare. C’è il Catania. “[Il Cavaliere] Massimino, non ha versato le quote in tempo, il Catania va radiato”. In verità tra quelle in procinto di radiazione, non c’è il solo Catania come blasonata, la storia è scritta: vi è il Messina, il Napoli, la Roma e altre meno conosciute. Ma il potere fa eccezioni. Giorni dopo Vincenzo Matarrese, dichiarerà: “La Roma? Come radiarla… mi metto contro quattro milioni di abitanti?”. Rimango basito.
Con un gruppo di amici, andiamo allo stadio, si tifa, si gioisce ci si rattrista, torniamo a casa vediamo 90° minuto. Seguiamo tutti i risultati, le squadre tutte dalla serie A alla C2… ci appassionano i personaggi, nei loro ruoli di presidente e anche qualche calciatore. Rigorosamente sosteniamo chi più di altri combatte il sistema: Costantino Rozzi, Romeo Anconetani, Luciano Gaucci, Pasquale Bruno, oltre al grande Angelo Massimino, eredi e amici di altri ancora come Gino Corioni e Dino Viola. E il sistema calcistico in Italia si chiama juve. E su quello facciamo giuramento. La juve è la rappresentazione del marcio in Italia. La juve ha le maglie bianche perché scolorite durante un lavaggio di casacche: erano rosa, come quelle del Palermo. Solo del nostro amico Turi Saladdino non ci spiegavamo perché avesse passione per la juve, lui non è marciume, tutt’altro, è fatica, lavoro, sudore, rispetto e amicizia trentennale.

Siamo tutti della provincia etnea. Tranne uno, io. Nato ai Cappuccini, quartiere popolare di Catania, donde da pre adolescente con la famiglia ci si trasferisce. Un classico: papà ha il lavoro fuori, non molto distante, ma i tempi sono quelli che son tornati oggi, pochi soldi e quei pochi vanno spesi per la famiglia che ogni essere umano desidera di costruirsi, non vi è possibilità di far andirvieni 4 volte al giorno. Lui, papà, più di me, nato nel cuore pulsante della Catania storica, dove nasce e si sviluppa, nelle epoche, la città anomala che si impone bellissima tra il mare e il vulcano più importante e alto d’Europa e che come simbolo ha non l’elefante ma il Liotru. Non è schokkante, trasferirsi: Battiati e Gravina distano pochi km da Catania e 3/4 del parentado a tutt’oggi vive lì, da dove proveniamo.

E’ il 31 luglio, con soliti amici ci si reca alla sede degli Irriducibili. Stessa immagine. Un televisore fermo sulla pagina del televideo che recita lo scandalo. Il Catania lotterà, non sparirà, non può essere radiato. Anni prima in città esisteva una realtà, chiamata Atletico Catania della famiglia Tabita. I colori, per rispetto al Calcio Catania erano il verde e l’amaranto. Giocò anche in Serie C2 e tutti ricordiamo un indimenticabile derby contro il Palermo: 2-2. E’ un’altra storia però, rispetto all’Atletico Catania che poi fu trasferito con acquisizione del titolo a Lentini per poi essere riportata da Franco Proto a Catania. Poteva anche andare bene, ma Proto, fece una mossa che offese e non piacque ad una moltitudine di cittadini catanesi, usurperà i colori rossazzurri anche se in verità saranno sempre rosso e blu, per poi cambiare in giallo e grigio e anche il simbolo cambierà, non più l’elefantino che calcia una palla, ma una lupa in corsa… non ci sarà nulla da fare, l’Atletico non piacerà.

Il Catania, quello vero, quello a cui sarà accostato il numero 46 per identificarne l’originalità dalla data della sua fondazione, NON SARA’ RADIATO, ma costretto a ripartire da una categoria che non gli compete, troppo inferiore, l’Eccellenza. Sappiamo bene che nei campi di terra battuta devono giocarci squadre della provincia etnea e non il Catania…. ma è così che vollero i poteri forti. Arriva il Catania, a Gravina, a Paternò, a Viagrande, a Riposto, insomma dalla provincia più vicina a quella più distante, dove nuclei di tifosi rossazzurri, che magari giocano con le squadre succitate, si trovano ad affrontare la loro squadra del cuore. Catania porta ricchezza, con la sua fede e coi sui fedeli tifosi. IO NON C’ERO. Non c’ero più. Sgomento e in procinto di altro trasferimento, presi una decisione, mai più mettere piede al Cibali… non ne valeva la pena lottare, gridare e cantare… prendevo coscienza che il calcio era il gioco dei baroni, di coloro che tutto sistemano a tavolino.

or

Vivevo nel ricordo delle sfide degli anni precedenti, contro l’Avellino, contro il Perugia, contro il Siena, per non parlare della vittoria a Palermo coi gol di Palmisano e Cipriani allenati da Salvo Bianchetti. Minuti interminabili di recupero che gli arbitri davano per far pareggiare la squadra avversaria. C’erano calciatori autoctoni come il portiere Alessandro Garofalo o l’allora promessa, giovanissimo, Carlo Breve, (solo qualche presenza in prima squadra in serie B, ma indimenticabile una partita di Coppa Italia in cui annullò Pietro Fanna contro l’Inter, poi si infortunò, e ripartì con forza dalle serie inferiori per concludere la carriera alla dipendenze di mister Papadopulo con la promozione in serie B dell’Acireale), Nunzio La Torre e come Orazio (Renzo) Russo col quale tutti quelli che avevamo fatto le trafile giovanili nella S.S. S. A. Li Battiati ci si onorava di averlo avuto compagno di squadra. Io più degli altri: il mister Enzo Fazio che lo lanciò e che si legge nella pagina wikipedia di Renzo è mio papà. Lo chiamavamo Renzo, come lo chiamavano il suo papà, lo zio e tutti in famiglia. Questi ricordi li vivevo a Palermo dove mi ero trasferito quello stesso anno, andavo a studiare psicologia. I miei colleghi, alcuni diventati amici, mi burlavano e io mi facevo forte, sbagliando: “Vi ricordo che squadre a Catania ce ne sono due e vi ricordo che negli spareggi di Roma, i romani giallorossi e quelli laziali hanno tifato per noi, per voi mai lo farebbero“. E giù con altri ricordi. Ero bimbo. Cantarutti, Mastalli, Crialesi, Sorrentino e lui il mister Gianni Di MarzioLa tribuna B dove alternandola coi gradoni, mio padre mi portava a vedere il Catania. Passano gli anni, la laurea, le specializzazioni e il lavoro mi porteranno a Roma, Firenze, Torino. Visito gli stadi di queste città, li guardo anche da fuori, sono enormi, belli non lo so, ma enormi si, (attenzione, a Torino non andrò mai a vedere i gobbi, quelli sono come il Palermo). A Palermo no, mai andato, per posizione campanilistica! Rimango legato a queste squadre, la Roma mi affascina più di ogni altra, un tifo colorato, divertente, apprezzano e ricordano i catanesi che invasero Roma per gli spareggi del 1983. Poi cambia il tifo, diverrà lame e allora non va bene per me. Ritornato a Catania, si può immaginare quanti amici mi prenderanno in giro. Il mio amico Mario Conti con le sue solite battute che finivano a risate “Massimo, ma tu sei nato alla Garbatella?” e giù a sfotterci. Il Catania, del quale conservo il foulard “Grazie a Dio Sono Catanese”, la maglia di Sorrentino e tante sciarpe, mi riprende sotto forma di crisi mistica del calcio. Il Calcio non visto più come gioco legittimo e bello (quello lo si trova nei campi dove la polvere della terra si alza ad ogni minima sgambata, dove nuovi campioni crescono), bensì, come vigliaccata della nazione dove viviamo. Truffe, scandali, calcio scommesse, lavoro che manca per il tifoso o lo sportivo e miliardi per i calciatori. Il Catania torna in serie A, per molti il sogno si realizza, per me è la certificazione della coerenza. Mi attengo alla mia scelta. Non vado allo stadio, non è giusto. Ne parlerò con la buonanima di mio cognato Antonio Finocchiaro, innamorato del Catania, che mi invitava sempre ad esserci allo stadio, scomparso prematuramente a 33 anni, domenica 23 novembre 2008 alle ore 12:10, attendeva a casa, dove era rientrato giorni prima, dopo il secondo ciclo di chemio, le h. 15 perché a Genova contro la Sampdoria giocava il suo Catania. Antonio fu omaggiato con un mazzo di fiori sotto la sud, dove era abbonato, la domenica successiva in occasione di Catania- Lecce. Mi aiutò Angelo Di Guardo, violinista in jeans, nonché musico al matrimonio di mia sorella con Antonio a far sì che venisse omaggiato. (Nelle foto che seguono il suo ultimo abbonamento che conservo con affetto, e la foto che lo ritrae come icona del 1° memorial Antonio Finocchiaro, voluto dai suoi colleghi in St). Lo chiamavano Pantanelli e lui sempre col sorriso ci scherzava su: “certe volte sono io che gioco al suo posto, quando fa le minchiate Pantanelli, sono io”. Anche in quella occasione non andai allo Stadio (altro errore). Fu dalla bocca di Antonio che per la prima volta ho sentito il nome di Michele Spampinato

Antonio

Mi domandavo il perchè hanno salvato la Roma e distrutto le realtà più fragili? Dove la giustizia impera, segue la criminalità dei colletti bianchi! Mi sentirei un traditore. Adesso che sei in serie A dovrei venire? Non è corretto. E’ una scelta. Lo seguo dai media il Catania e mi fa godere quando batte le blasonate, quando si salva nell’anno maledetto ricordato come i fatti di Catania  dove un ragazzo a tutt’oggi è in carcere, accusato di aver assassinato un servitore dello Stato, quando gliene fa 4 al Palermo alla Favorita… ma tengo tutto dentro. Giusto così, non si segue all’occorrenza. Passano gli anni, le vicende le sappiamo, il mio pensiero fuori uscito dalla crisi mistica calciofila e dall’altra professione, se così si può chiamare, di scrittore, mi porta a conoscere Luigi Pulvirenti, catanese ‘mpetra (non mi piace dire Antonio 2catanista) giornalista di una raffinatezza disarmante o a sentire mio padre che mi invita sempre con: “aù, ma tu si catanisi, ha tifari pò Catania“, a Mario “tunnasti, cià finisti di spenniri soddi a taliariti ddi squattri?“. E questo mi fa piacere, è un sollecito all’onorificenza che la vita mi ha dato: nascere a Catania. Luigi dicevo, leggevo i suoi articoli prima ancora di conoscerlo. Leggo i suoi libri. Leggo tanto di calcio. Succederà che inizio a risentire che il Calcio Catania è una dimensione che non rimane chiusa nel gioco, ma che proietta coloro che fanno del Calcio Catania il simbolo di onore e miglioria per la città e questo è innegabile è grazie ad un gruppetto di miei coetanei che fondarono A SOSTEGNO DI UNA FEDE.

La svolta. Mi designano la direzione artistica dell’estate letteraria a Valverde. Quando saremo tutti nella nord è il libro di sociologia più importante che è stato scritto nell’ultimo ventennio. Gli autori sono lo stesso Luigi e Michele Spampinato. Prima ancora di conoscerci con Michele, rimasi folgorato da questo patriota etneo. Mi spiego. I giornali non sanno mai che cavolate pubblicare e questo Spampinato appare in gigantografia su “la Repubblica” qualche anno prima, come uno degli ultras più temibili di Italia, ma l’articolo però non riporta nulla se non uno scevro “ha più volte parlato col presidente del Catania”. Non ho fiducia nella stampa, vi ho messo le mani dentro come scrittore e senza volerlo, quando mi tacciarono di nazista totalitarista, mi fecero un favore, quel libro mio che qui non va citato, vendette oltre 11.000 copie per la gioia dell’editore. Rileggo Quando saremo tutti nella nord tante volte, ho voluto che venisse presentato a chiusura della rassegna estiva a Valverde. Non mi importava nulla che il titolo sembrasse un riferimento a tifare, non mi importa di trascinare masse di tifosi. Mi confronto con uno dei sociologi italiani più validi, Santo Mancuso, che è catanese. Conferma la mia tesi, lui è uno che non si sbilancia. “Hai ragione, è un trattato di sociologia accessibile a tutti. E’ una sociologia a scalare e pura”. Ecco sono certo. Inizio a seguire le gesta di Michele e a far retroazione del personaggio divenuto simbolo del Catania e di Catania, giunto all’apice a gestire non solo una curva. NON E’ SOLO QUESTO MICHELE. Nei social network, nelle radio, nei giornali, le sue iniziative, sempre assieme al gruppo di amici catanesi fondatori -nuovamente, non fa mai male ricordarlo – di A sostegno di una fede, sono una immagine chiara netta e definitiva di far splendere il sole non quello che madre natura per posizione non ci fa mancare mai, nella nostra città. L’impegno è costante. Sostegno alla squadra, ma totale devozione alle problematiche di una città che se non avesse quei politichesi, barbari e inutili, splenderebbe di suo. Ci pensano loro a scuotere le coscienze morali per glorificare Catania.

Anche il cantautore, nonché maestro di chitarra, Antonio Monforte si esporrà, la sua produzione artistica è conosciuta ben oltre i confini nazionali, ma sentirlo e saperlo scrittore di alcuni brani dedicati alla città e anche una cover duettata con Luìs “Lulù” Oliveira, rende bene l’idea di cosa è Catania.

Totale azione senza mai fermarsi, nonostante come tante persone impegnate tra lavoro e famiglia, a valorizzare una città, che i lor culi che siedono nei palazzi, invece anno dopo anno puntano a far sprofondare in un abisso senza fine.

LA GIORNATA DELL’ORGOGLIO ROSSAZZURRO, merita di avere una presenza massiccia, perché è l’ennesima dimostrazione che da un qualunque elemento sociale, nel nostro caso il calcio, vi sono persone che nonostante vengono viste come peggiori di chi sta nelle stanze del potere (i quotidiani che sparano minchiate n.d.r.), coi fatti muovono tutto ciò che necessita per rendere sempre più bellezza, storicità, arte e cultura, il luogo che vivono. Cosa dove non riesce la politica. E’ certo che dopo 23 anni io tornerò allo Stadio, mettendo per la prima volta piede dopo il giustissimo cambio di nome da Cibali ad Angelo Massimino. Seppur oscillo in tutta Italia, per lavorare, Catania è la mia città e merita. Meritano loro, i ragazzi della Nord, che sono amati da molte parti, da diversi colori politici, uomini che hanno dato il marchio di veri augusti e cesari a difesa di una città, barocca, la più bella d’Italia. Chi non merita sta al Palazzo e ciò che esce da quelle stanze non è cosa che mi riguarda, perché la faccia in giro per lo stivale la perdo quando mi parlano dei politici e li associano a mafia bianca, ma mai l’ho persa quando si parla di azione sociale, di sostegno sportivo, e di chi vi sta dietro che è chi si espone partendo dal Calcio Catania per giungere al benessere per portare allegria, goliardia e gioia, senza secondi, meschini, fini. Della partita “fantasma” mi importa poco, del senso che avalla la volontà di rendere onore a Catania invece si. E rammentando Battiato nel brano Giubbe Rosse  dove recita “il fuoco incandescente del vulcano” e in Summer on solitary beach nel ritornello “mare mare mare…”, non posso che ritrovare la forza per lottare al fine che questa città faccia brillare il rosso del vulcano e l’azzurro del mare, senza intromissioni di colletti bianchi almeno per il 5 giugno 2016 alle h. 17 che è la GIORNATA DELL’ORGOGLIO ROSSAZZURRO, di cui va reso merito e onore di unione a delle persone che tutto sviluppano in autofinanziamento. E’ un dovere esserci, vi daremo il benvenuto nella città patrimonio della sociologia, senza contributo alcuno dall’ente pubblico. E’ un doppio dovere per me, ribattezzarmi e onorare mio cognato. 

S.M.Fazio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *